Immagine di Mao Mao

Nome: Mao Mao
Stato: Attivo
Ultimo indirizzo conosciuto: Pechino, CHN
Luogo di nascita: Whuan, CHN
Data di nascita: 02/01/2000
Razza: Gatto
Genere: Maschio
Lingue: Gattesco, Cinese, Inglese
Qualifica: Attivista, Membro dei Time For Revolution
Manto: Nero
Occhi: Neri
Segni particolari: Nessuno
Famiglia: Lao Mao, Padre
Li Hao, Madre
Educazione: Ha studiato in una scuola private maschile
Università a Pechino

Mao Mao protesta
Mao Mao si pronuncia contro l’inquinamento atmosferico e dell’aria in Cina, 2020

Per Mao Mao la solitudine non è mai stata un problema. Spedito in collegio fin dalla tenera età, silenzioso e indipendente per natura, il gatto non mostrò mai alcun interesse a fare gruppo con il resto dei suoi coetanei.
Si rivelò una mente acuta e sopraffina, caratterizzata da una spiccata abilità per la scienza e la matematica.
Laureatosi con due anni di anticipo all’università di Pechino, il gatto si interessò presto alle tematiche che più colpivano il suo Paese, specialmente riguardo il grave problema dell’inquinamento atmosferico. Armato di mascherina e dei suoi cartelloni, Mao ha iniziato a protestare silenziosamente. Il suo motto era: “Fai arrivare il messaggio a quante più persone possibili”.

Mao Mao viene arrestato dalla Polizia
Mao Mao viene arrestato

Egli si è sempre professato un pacifista, ma nonostante questo è stato arrestato più volte. Fu contattato da un membro dei Time For Revolution proprio dopo aver scontato per l’ennesima volta il suo debito con la giustizia; la sua protesta pacifista era arrivata oltreoceano e aveva colpito l’attenzione del noto gruppo rivoluzionario.
Sembra ironico, il gatto più solitario del pianeta scese a patti con il suo carattere e decise di entrare a far parte di un gruppo. Tutto pur di cambiare il mondo e renderlo un posto migliore.

DOSSIER

La prossima pandemia

Lo stiamo vivendo sulla nostra pelle. La pandemia causata dal virus Sars-CoV-2 ha cambiato le nostre vite, obbligandoci a riflettere sul rapporto uomo natura. Un evento ampiamente previsto dalla letteratura scientifica, ma che non è stato possibile impedire nonostante gli avvertimenti degli scienziati. Certo non è la prima volta che accade e, probabilmente, non sarà nemmeno l’ultima: secondo il rapporto dell’Ipbes “Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services) intitolato “Escaping the Era of Pandemics”1, in poco più di un secolo (dal 1918 ad oggi), sono almeno sei le pandemie sanitarie che hanno colpito l’umanità. Molte di queste, come accaduto con l’ultimo coronavirus, sono letteralmente guidate dalle attività umane. Lo dimostrano le prove scientifiche a nostra disposizione: le pandemie stanno diventando più frequenti e le zoonosi, ovvero il salto di specie di microbi e virus infettivi, sono spesso guidate dall’eccessiva pressione antropica sugli ecosistemi. Deforestazione, traffico di animali selvatici, depauperazione di ecosistemi ed habitat, non fanno altro che aumentare le probabilità dell’insorgere di nuovi virus o di infezioni batteriche prima confinate nei meandri delle foreste e di luoghi fino a pochi anni fa inaccessibili all’uomo. Il messaggio è chiaro, gli attuali modelli di sviluppo ed economici non sono sostenibili e tendono a degradare gli ecosistemi e i loro servizi, determinando un ciclo di degrado sempre più strettamente collegati. Ciò contribuisce a ridurre le capacità di regolazione naturale dei servizi ecosistemici, capaci cioè di limitare il trasferimento di malattie dagli animali all’uomo2. Per evitare la prossima pandemia sarà dunque necessario ripensare i nostri modelli socio-economici, puntando alla rinaturalizzazione degli habitat, non solo per ridurre il nostro impatto sul pianeta, ma per aver un mondo più salubre e sicuro. Per tutti.


[1] https://ipbes.net/sites/default/files/2020-11/201104_IPBES_Workshop_on_Diversity_and_Pandemics_Executive_Summary_Digital_Version.pdf

[2] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1462901120306122